L’Artista

“E se oggi lui è bianco nella poesia, è nero moltissimo nel cuore…” canta Vinicius Moarais in “Samba da bençao” una delle canzoni brasiliane tanto amate da Mario Ferrante che meglio descrivono la sua profonda e globale personalità..

Ed è proprio dalle parole di questa canzone, che parla di sentimenti inesplicabili di nostalgia e di amore, di passioni e malinconia, che si può costruire il profilo di un artista che ingloba nel suo animo tutta la “brasilianità”, quell’articolata indole di un “cuore di nero”.

Roma, città eterna dedita all’arte, il 16 novembre del 1957 gli scrive già in maniera silente una sorta di destino… Il giallo, il sole, le conchiglie, la sabbia sottile delle spiagge di Rio, sono per Mario, che ha solo tre anni, la sua prima autentica tavolozza di colori… siamo in Brasile…

Sono i primi anni 60, mentre in Europa ci si accosta a stili e tendenze più audaci con l’ ortodosso pudore, in Brasile esplode il colore, la magia, di un popolo caldo e consumato,nella sua forte religiosità ma nello stesso tempo nella sua grande apertura mentale… ed è qui, in questo ambiente, in queste strade, tra le grandi gonne delle Sacerdotesse Bahiane, tra le espressioni dei volti attoniti dei bambini lungo le strade povere di Rio, che Mario ancora piccolissimo impara ad osservare, e carpire tutta la suggestione che può oggi trasporre in una sua tela.

Da ragazzino Mario “gioca” con la pittura, si lascia trasportare, invaghire da nuove espressioni, e come ogni adolescente sperimenta… Si accosta a varie tecniche. A San Paolo, i genitori lo avviano presso uno studio di un artista figurativo, Mario ha solo 10 anni e già viene avviato agli ideali classici e all’antica tecnica della pittura ad olio. Il piccolo Mario è già un talento che dovrà nel tempo, studiando, trovare la sua vera estrinsecazione.. Un po’ come quando si sceglie un profumo, Ferrante ha peregrinato a lungo prima di trovare l’essenza che lo rappresentasse definitivamente per quello che è.

L’essenza di Mario Ferrante è di un colore che si colloca a metà tra l’azzurro etereo e l’indaco… è l’Eos, è quel momento magico a metà tra “non ancora sera e non più giorno”. E’ in questo arco temporale che l’artista si suggestiona e crea. Ma crea a tinte forti, l’arancio, il rosso, l’oro, il bianco luce, il giallo, si spalmano sulle tele e creano volti, le bancarelle dei mercatini di Rio, i ciclopici aeroplani negli aeroporti di città avveniristiche, le sue immancabili “nonne” bahiane. Ferrante si riconosce in una identità brasiliana soprattutto quando dipinge,ed è quando dipinge che ci si accorge che “è un bianco dal cuore nero”, come lui stesso ama definirsi.

Una curiosità:
Sapete come si riconosce un’originale Ferrante?
Un dettaglio singolare, grattando la spessa coltre di pittura, si scopre la sua immancabile tela gialla, che lo stesso Maestro in maniera certosina dipinge prima di ogni opera. Ecco perché dai suoi dipinti emerge sempre il sole, che sia di Rio, Benevento o Roma, Ferrante traspone nei suoi quadri un sole che gli abita dentro, fonte di una spassionata allegrezza che non è mai irruente, ma che emerge con eleganza e stile, come solo un grande artista riesce a fare.

Siamo negli anni 70 e la Famiglia Ferrante dal caldo Brasile ritorna in Italia.
Dopo anni di studio, cominciano i primi confronti, le mostre collettive.
La prima Personale al Chiostro di Sant’Andrea delle Fratte a Roma. Arriva il primo consenso del pubblico, si aprono le porte agli esclusivi circoli di Via del Babuino. Mario, il bambino che a tre anni ha imparato ad amare i colori dalla “tavolozza di Rio” è diventato Mario Ferrante.
Gli anni 80 sono celebrativi per una nuova fase di ispirazione.
Nascono i ritratti ispirati dalla mitologia coniugata alle modulazioni cromatiche proprie del classicismo.
Ferrante inventa nuove sfumature, neologismi cromatici, nati dal pigmento di azzurrite e tritati di asfodeli e ginestre. La sua creatività esplode, la sua personalità vulcanica si manifesta in tutte le sue espressioni. Dall’85 prende parte al programma Alitalia per l’arte ed espone nei V.I.P. lounge dei maggiori aeroporti del mondo. Le sue opere entrano a far parte nei più importanti ambienti artistici transoceanici, dal Giappone, Corea alle ville di Miami e di Hollywood.
Mario Ferrante è ormai diventato un artista completo e maturo, capace di parlare attraverso le sue opere con un linguaggio aperto e globale. La popolarità improvvisa e la curiosità dello statement accademico lo immettono nell’indotto internazionale delle Gallerie Stein e Sonnabend.

Siamo nel 2000, il passaggio al nuovo millennio porta Ferrante a due importanti esposizioni a New York – presso il National Art Club e il Charlottesville Art Museum and Attractions, passaggio che sancisce il definitivo riconoscimento dell’artista presso le major museali internazionali. La rassegna “Maschere ed anime” del 2003 viene consacrata da Massimo Duranti in un saggio veicolato sul web. La produzione di Ferrante è ormai un linguaggio in continua evoluzione, specie nella caratterizzazione del racconto. L’artista resta tuttavia defilato dalle lusinghe del mercato e dal dibattito, seguitando a dipingere, diradando le esposizioni e investendo sulla ricerca attraverso continui confronti con il Brasile, di cui continua a nutrirsi, per trarne ninfa vitale per la sua ispirazione. Il ciclo di “Moving people” del 2002 è il più rappresentativo del periodo.L’artista si accosta anche all’esperienza della scultura, con lavorazioni in terracotta: macumbeire, garotos e altri soggetti che ricordano l’esperienza meditativa carioca e l’infanzia trascorsa nei meridioni del mondo. I lavori di Ferrante perdono poco alla volta la facies bidimensionale e diventano entità materiche, quasi scultoree, percorse da sole spatole e da trame nodali.Nell’estate del 2006 nasce il progetto della “Festa mobile”: una rassegna tematica itinerante che dal meridione risale la penisola toccando il Maschio Angioino di Napoli, Palazzo Venezia a Roma e il Museo Poldi Pezzoli a Milano, con la partecipazione ed il patrocinio di importanti istituzioni statali.Dal 2007 la maison Ferrante ha aperto le porte alle scuole: Due importanti studi a Roma e Benevento diventano factories creative e laboratori didattici, dove tanti piccoli “Mario” imparano ad usare i colori e pennelli.. Scuole che sono l’anima stessa del Maestro che le ha ideate, dove si respira tutta la passione per l’arte, ma prima ancora l’amore per il bello, per la vita, una gioia che evapora tra l’odore delle tele ed i colori ad olio, e si leva in un momento di “saudade” quel sentimento intraducibile che solo un’anima di artista può percepire…

Allora chi è Mario Ferrante?
Alla fine di questa biografia come da un setaccio dovrebbe esserne rimasta l’essenza…
Mario Ferrante è una persona eclettica,magnetica, un artista aperto sempre a nuove sperimentazioni, contemporaneo nel vivere il suo tempo, malinconico e passionale nel suo cuore di nero…

Quale collocazione dare alla sua arte?
E’ diversa, suggerisce emozioni che vengono dalla natura selvaggia pur vivendo le città più all’avanguardia …è un’emozione che fugge dal cuore prima ancora di spiegarsi… Sarà il giallo nascosto sotto le tele…sarà perché il Maestro dipinge quando “non è ancora sera ma non è ancora finito il giorno”..
Ecco…l’arte di Ferrante è tutta li…provate ad afferrare l’Eos…