“…il sapore dolcissimo come miele, che impregnava la voce di Maria Betânia, sulle note di “tarde em Itapuã” , rivestiva ogni angolo del mio studio adagiandosi teneramente in ogni spazio ; era come l’abbraccio tenero e disperato di una madre che spinge la boccuccia del suo bambino sul capezzolo avvizzito senza più latte. Infatti, le tonalità possedevano, fra tanta dolcezza, un fondo amaro e malinconico che toccava le parti più vulnerabili dell’anima. ” … ao sol que arde em Itapuã…” e nasceva sulla tavolozza il calore dell’arancio di cadmio ; ” … e o diz que diz que macio / que brota dos coqueirais…” ed era generato il verde permanente, che inondava di speranza un cielo profondo , tanto esteso da giungere all’indaco .
L’intensità di questo luogo è nato da infiniti atti di amore ; l’amore , quello vero, non è silenzio! L’amore che ti spreme sospiri dal petto mentre affonda la lama di una sofferenza acuta dentro l’anima, non è silenzio. Urla, l’amore. Un grido di gioia che provoca spasmi che non si possono dire…”